Enrico Prampolini è nato nel 1894 a Modena. La sua carriera di scultore, pittore, scenografo e teorico inizia nel 1912, quando s’iscrive all’Accademia di Roma, dove segue le lezioni di Duilio Cambellotti. Già l’anno successivo viene espulso per aver pubblicato un manifesto fortemente antiaccademico. Entra subito nella cerchia dei futuristi, frequentando lo studio di Giacomo Balla. Il costante desiderio di sperimentare tecniche diverse caratterizza la sua ricerca.
Espone in occasione della I Esposizione Libera Futurista presso la Galleria Sprovieri di Roma nel 1914, presentando opere astratte e polimateriche. Durante la Prima Guerra Mondiale lo stile dei suoi dipinti è vicino al cubismo sintetico, dimostrando interesse per la convergenza fra movimento, forma e musica. Nel 1916 inizia un dialogo con i dadaisti Arp e Tzara; successivamente partecipa a delle mostre con il Novembergruppe a Berlino e realizza i primi dipinti astratti. È in contatto con De Stijl e il Bauhaus.
Pubblica il Manifesto dell’Arte Meccanica nel 1922, con Ivo Pannaggi e Vinicio Paladini, in cui la macchina diventa il modello che dirige i procedimenti formativi dell’opera d’arte verso un rigore strutturale e un’oggettività maggiori.
Vive a Parigi dal ‘25 al ‘37, qui si avvicina al Surrealismo, che influisce sulla fase di “idealismo cosmico”, come la definisce lo stesso Prampolini, in cui forme biomorfiche si combinano ad altre non oggettuali o con inserti polimaterici. Nel 1929 l’artista firma il Manifesto dell’Aeropittura Futurista, successivamente realizza la serie delle Cassandre, opere figurative in cui compaiono donne in lutto, influenzate dallo stile picassiano.
Nel secondo dopoguerra ritorna all’astrazione, diventando nuovamente protagonista dell’avanguardia artistica nel Bel Paese. Enrico Prampolini muore a Roma nel 1956.