Jean-Michel Basquiat nasce nel ‘60 a New York, in una famiglia disgregata e difficile. Abbandona presto gli studi e nel 1977 si avvicina al mondo dei graffiti, dipingendo sui muri di Soho e sui vagoni della metropolitana. SAMO, “same old shit”, è lo pseudonimo con cui firma tag, graffiti e messaggi criptici e rappresenta uno degli elementi cardine nella sua vita. Basquiat diventa uno degli artisti più importanti nella New York degli anni ‘80, insieme a Keith Haring. I muri della città sono la sua tela, il foglio su cui scrive messaggi interiori per la metropoli: i suoi dipinti e le sue scritte presentano sempre forti elementi di satira e poesia.
Questo artista di colore, erede della Pop Art, nella sua breve vita diventa un mito, una figura affascinante e maledetta. La pittura di Basquiat non si lascia incasellare in una corrente canonica: lui stesso si definisce un “analphabet artist”, a causa degli elementi infantili del suo linguaggio e della somiglianza delle sue opere con i disegni dei bambini. Più che immagini nel senso tradizionale del termine, le sue sono parole dipinte, scritte e simboli, accostati a figure primitive e brutali, realizzate attraverso macchie di colore disordinarte e segni pesanti.
Le opere di Basquiat sono le grida di chi ha provato la discriminazione e l’indifferenza dei sobborghi di New York. Raffigura soprattutto figure nere all’interno di un paesaggio popolato da ricordi della sua infanzia e gioventù: auto, poliziotti, cartoni animati, fumetti, graffiti. Elementi che, in una seconda fase, riempiono le composizioni dipinte su tela.
Nel 1980 Basquiat tiene la sua prima mostra in un magazzino abbandonato di New York, insieme ad opere d’arte realizzate da artisti punk e graffitisti.
Le opere del wild child vengono subito notate dai collezionisti, soprattutto quando inizia a lavorare con Andy Warhol, tra l’83 e l’84.
Il 12 agosto del 1988, il giovane artista viene ritrovato senza vita nel suo appartamento di Great Jones Street, stroncato da causa di un cocktail di stupefacenti.