Mario Schifano

Mario Schifano nasce il 20 settembre 1934 a Homs, in Libia. Le tele ad alto spessore materico dei suoi esordi, che lo inseriscono nell’ambito della cultura informale, vengono esposte nel 1959 in occasione della sua prima personale alla Galleria Appia Antica di Roma. I critici cominciano a notarlo nel 1960, durante la mostra alla Galleria La Salita, dove Schifano è in compagnia di Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini.

Superata l’esperienza informale, realizza quadri monocromi, in cui grandi carte sono incollate su una tela, per poi essere ricoperte con un colore solo, tattile e gocciolante. Il quadro diventa spazio di un evento negato, lo schermo che, dopo qualche anno, si riempie di lettere, cifre ed elementi iconici di una società consumistica, come il marchio della Coca-Cola o della Esso. Schifano sbarca negli Stati Uniti nel ‘62, in occasione di questo viaggio scopre la Pop Art, rimane colpito dal lavoro di Dine e Kline, partecipa anche alla mostra The New Realist alla Sidney Janis Gallery di New York. Due anni dopo espone per la prima volta alla Biennale di Venezia.

Il suo lavoro inizia a seguire cicli tematici: dalle opere dedicate al Futurismo ai paesaggi anemici. Le immagini provenienti dai mezzi di comunicazione di massa lo attirano in quanto patrimonio collettivo. Diversi importanti critici seguono questa fase del lavoro di Schifano: Maurizio Fagiolo, Maurizio Calvesi e Alberto Boatto, ma anche scrittori illustri, come Moravia e Parise.

Nel 1967 proietta allo Studio Marconi il lungometraggio Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, dopodichè arriva la trilogia formata da Satellite, Umano non umano, Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani. Da queste prime esperienze cinematografiche, che risalgono comunque al 1964, emerge tutta l’attenzione critica con cui Schifano osserva il flusso di immagini tipico della civiltà tecnologica, dove il reale è sostituito dalle sue copie fotografiche, televisive o cinematografiche. A partire dal 1970 l’artista riporta delle isolate immagini della televisione su tela emulsionata, ricreandole attraverso tocchi di colore alla nitro. Inizialmente si ispira al materiale realizzato per un film mai terminato, Laboratorio umano, poi dalle immagini trasmesse ogni giorno in televisione.

Tra gli anni Settanta e Ottanta espone in occasione di importanti mostre e alla Biennale di Venezia dell’82 e dell’84. Nel ‘90 il Palazzo delle Esposizioni di Roma gli dedica una rassegna intitolata Divulgare, in cui espone grandi opere realizzate per l’occasione. Nel ‘96 omaggia alla sua Musa ausiliaria, la televisione, che trasmette il flusso ininterrotto di immagini che danno corpo alla totalizzante realtà contemporanea. A questo punto della sua carriera non si limita a proiettare sulla tela singoli fotogrammi televisivi decontestualizzati, ma le modifica pittoricamente, mutandone il senso.

Mario Schifano si spegne a Roma il 26 gennaio 1998.

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Biografia di Mario Schifano